Il canneto di Eridu

Un blog per tutti e per nessuno

Archivio per il tag “Boudicca”

#40. Rivoluzione.

“Let your voice speak for the revolution
All join forces with all the powers that you feel
Let your heart beat for the revolution
Led by the templars of steel!”
[Hammerfall, “Templars of steel”]

Immaginate per un momento di vivere nel solito medioevo come nel post precedente, in un periodo imprecisato di vostra scelta (tanto sempre secoli bui sono), e che il mondo vi faccia abbondantemente schifo alla fava (e forse qui si può anche far poca fatica). Volete quindi cambiare il mondo, il problema è che pare che questo mondo abbia una fortissima resistenza al cambiamento, e che i vostri tentativi non risultino semplicemente vani, ma quantomeno pericolosi. Per voi, ovviamente.

Immaginate ora di essere riusciti, per far fronte all’arroganza del potere costituito di Impero e Papato, ad aprire un portale attraverso il quale far giungere nel mondo draghi e giganti e altre creature particolarmente utili in casi del genere, e di essere sul punto di riuscire a portare a casa la vostra graande rivoluzione. Sì, graande con due “a”.
A questo punto, però, vi trovate a fronteggiare la reazione del potere, che mette in cambo tutta la sua macchina disinformativa per togliervi l’appoggio delle masse che desiderate affrancare, travolgendovi di accuse e fango e merda (che è termine che se non sbaglio mancava da troppo tempo su queste pagine digitali), dipingendovi come il mago malvagio che ha aperto le porte del mondo alle creature dell’inferno. Uno stronzo, insomma.

Immaginate, poi, che per dare il colpo di grazia alla vostra carica rivoluzionaria i poteri forti riescano a evocare 12 uomini – dalla storia e dalla leggenda – per fare la pelle a voi e alle creatura che vi stanno aiutando. Oddio, la pelle…
Ebbene: ora avete anche voi questa possibilità, dodici uomini o semi-uomini in grado di far pendere la bilancia a favore vostro. Chi evocate?

Attenzione però, che rispetto al post #39. Dozzina. il lavoro che dovete fare è solo apparentemente simile. Là si richiedeva sacrificio, comunità e unità d’intenti, strenua difesa di fronte a forze soverchianti che attaccano, solidità e conservazione sociale (non a caso erano molti gli eroi “culturali” che ho inserito, i simboli di certe culture contro ad aggressioni esterne).
Qui si cerca qualcosa di diverso: la rivolta, l’attacco, la conquista, la capacità di sollevare le masse contro lo statu quo.

È così che quindi Leonida non è più un leader adatto: qui non si vuole un re che difende la casa e tutto ciò in cui crediamo da secoli, ma qualcuno disposto a trascinarci in una grande impresa per quello che vogliamo cambiare. E di certo non è facile trovare figure di questo genere nell’epos di periodi storici dominati da forze culturali di tipo conservativo, come la religione. Sarebbe più facile trovarne nell’era recente. Ma il compito è chiaro, siamo nell’antichità. E andrebbe bene qualche oscuro capo senza nome di popoli del mare, oppure degli Hyksos, qualcuno che ha trasformato il modo di pensare del proprio popolo, offrendo una nuova terra, una nuova prospettiva o una nuova religione. Un Mosè, un Attila, un Abramo, ad esempio, potrebbero andar bene. Un Tamerlano. Un Alessandro, per certi versi. Ma in tutti questi nomi di grandissimi condottieri manca la componente rivoltosa-rivoluzionaria che trovo invece in un altro elemento, che sarà quindi il leader della mia squadra: sto parlando di Spartaco, il gladiatore trace che dal 73 al 70 a.C. portò avanti una incredibile rivolta di gladiatori e schiavi durante la quale ottenne numerose vittorie e portò alla sua causa moltissimi oppressi. Sì, direi che è l’uomo giusto. E poi “Sparta” presente nel suo nome ne fa il degno avversario del re di Sparta Leonida, capo dei suoi avversari!
Al suo fianco un altro capo rivoltoso carismatico: l’eroe scozzese William Wallace, o Uilliam Uallas, per dirla alla scozzese medievale (che significherebbe poi Guglielmo il Gallese, per aggiungere un po’ di confusione…), che alla fine del tredicesimo secolo guidò il suo popolo alla rivolta contro gli inglesi.
Anche per lui, come per Spartaco, valgono le doti e le imprese militari, ma soprattutto la presa sulla gente.
Il terzo condottiero dovrebbe poi, sulla stessa scia, essere un altro capo carismatico.
Perché ho intenzione di lavorare a cellule e costruire – invece di un unico grande gruppo da 12 – tre gruppi da 4 individui, costituiti da un condottiero, un guerriero, un uomo di propaganda e infine un jolly, con caratteristiche peculiari diverse, in modo da diversificare meglio le tre cellule e renderle adatte a missioni differenti.
Per il terzo, quindi, vedo bene un orientale. Anche se non possiamo forse definirlo propriamente un rivoluzionario, l’uomo giusto è il Prete Gianni della misteriosa “Lettera” medievale. Questa è una missiva – in realtà una bufala medievale, ma di grande successo all’epoca – in cui un potentissimo sovrano cristiano orientale, dai territori di tali dimensioni e di tali ricchezze che i principi europei non erano degni nemmeno di prestargli le mogli, annunciava la sua prossima discesa in campo contro gli infedeli al fianco dell’Europa. Fu di certo di grande successo, questa leggenda, se persino Marco Polo nel “Milione” dettato in carcere ne parla e ne descrive le terre… e pensate che sorpresa quando il Prete Gianni apparirà davvero alle porte dell’Europa, ma non dalla parte prevista o sperata dai potenti d’Europa…

Vediamo ora di ultimare le cellule.

Il primo gruppo, quello di Spartaco, lo vorrei impegnare su Roma. Ne consegue che i personaggi in gioco devono già conoscere l’ambiente della città, ed essere già in grado di affrontare l’Impero.
Scelgo intanto come guerriero addizionale Bruto, congiurato contro Cesare, personaggio di certo poco amato nel medioevo di corte, vista la sua opposizione alla nascita dell’Impero, e sgradito al ghibellino Dante che lo piazza nel posto peggiore dell’inferno, in una bocca di Lucifero (forse un posto ancora peggiore c’era, in Lucifero, ma lì Dante non ci ha piazzato nessuno… magari ha tenuto libero il posto per qualcuno che ci voleva provare con Beatrice…).
Poi, come propagandista, scelgo Barabba, rivoltoso giudaico anti-romano, probabilmente zelota. Il fatto che la folla ebraica decise di scegliere lui anziché Gesù come graziato dalla condanna a morte, rende chiaro che aveva un forte carisma, visto che solo pochi giorni prima Gesù era comunque stato accolto con grandi onori al suo ingresso in Gerusalemme. Capo politico, organizzatore di rivolte, assassino: poco si sa di Barabba, e quel poco è confuso dall’alone accecante di luce informativa incentrata sul suo “antagonista”. Ma il personaggio resta interessante e potenzialmente ideale per questa missione.
Infine il jolly. Tra gli antiromani carismatici in questo caso conviene, a mio modo di vedere, scegliere una donna affascinante. Una donna ambita da tutti i potenti, una donna che si sappia muovere e ottenere vantaggio da uno o dall’altro. Scelgo Cleopatra. E chissà che non abbia a disposizione anche leoni e serpenti, e l’oscura magia egizia…

Il secondo gruppo, agli ordini di Uilliam Uallas, si occupera delle isole britanniche. E quindi, se il condottiero solleva gli scozzesi, ecco che al suo fianco la regina guerriera Boudicca, celtica, può chiamare a raccolta il senso di libertà dei gallesi, unici discendenti dei brittonici rimasti in Albione, e guidarli contro il potere che è sassone, poi normanno, poi nel suo complesso inglese, ma mai, mai più brittonico.
E poi il propagandista è di certo uno degli uomini la cui invenzione principale si è diffusa in maniera virale e con grandioso successo nei secoli nella cultura europea, dall’Inghilterra alla Francia, dalla Provenza all’Italia, alla Germania, alla penisola iberica: sto parlando del monaco gallese Goffredo di Monmouth, ideatore del ciclo arturiano come lo intendiamo noi.
Per finire mi gioco il jolly con un santo, perché la storia dimostra che gli abitanti di quelle terre è meglio convincerli che picchiarli, e mi riferisco a Maewyin Succat, meglio noto come san Patrizio, che riuscì a portare l’Irlanda alla cristianità con una peculiarissima forma di sincretismo religioso, con il quale incorporò nel cristianesimo l’antico paganesimo irlandese.

Il gruppo orientale, agli ordini del Prete Gianni, è anche quello più oscuro, vuoi perché la sua guida porterà a compimento la crudele beffa nei confronti dei potenti d’Europa, vuoi perché per le grandi aree da conquistare lo doterò di personaggi più ambigui e border-line, indipendenti dallo schema precedentemente fissato, più legati al mondo della morte.
Il primo a farne parte è Ivan della fiaba dell’Uccello dalle piume di cristallo, che durante le sue avventure incotrò e divenne amico del lupo grigio, e quando Ivan venne ucciso e la moglie Yelena rapita, il lupo lo riportò dal mondo dei morti a riprendersi la sua vendetta, oltre alla sua sposa.
Poi una donna da prendere con le molle, una guerriera visionaria e invasata, oppure una santa, chissà… di certo una ragazza il cui urlo di battaglia, “chi mi ama mi segua”, rende bene l’idea di che razza di fonte di ispirazione dovesse essere per gli uomini che guidava in battaglia. Sto parlando, ovviamente, della Pulzella d’Orleans, Giovanna d’Arco.
Per concludere ci mettiamo un mago, una figura inquietante: il pifferaio di Hamelin, che liberò la città dai topi ma poi, non pagato, fece sparire tutti i bambini della città.

Ecco qua, finito.
Non resta – per voi – che trovare i vostri dodici nemici da far fronteggiare ai dodici salva-terra!

Tra i testi citati consiglio di certo la anonima “Lettera del Prete Gianni”, testo medievale pubblicato con testo originale a fronte, nella solita biblioteca Medievale di Luni/Carocci, e poi “Il milione” di Marco Polo, che io ho in edizione Bur.

Su Goffredo di Monmouth, oltre alla sua “Storia dei re di Britannia” pubblicata in Italia in Guanda, consiglio il saggio “Re Artù” di Marc Rolland.

#23. Figurine.

Avendo – e avendolo più volte ribadito – l’animo del collezionista, anch’io da giovine sono caduto più e più volte nel malvagio mondo delle figurine.

A questo proposito, il reperto più vecchio che ho (non completo, purtroppo) è uno splendido album della formula 1 del 1979 (la constatazione che all’epoca dell’uscita avevo solo due anni e mezzo mi fa sorgere qualche dubbio sul fatto che fosse proprio mio, o un più probabile maldestro tentativo di qualche familiare di mascherare una propria voglia di figurine per un «lo prendo per il bambino», ma tant’è). Vedere oggi le figurine di Villeneuve (quello forte, non il figlio scemo), di Arnoux, di John Watson, della Lotus nera e oro, delle piste di Kijalami, Watkins Glen e Brands Hatch, sì, lo dico, fa un certo effetto, e mi spiace davvero che non sia completo.

Poi vennero gli albi degli animali, quelli che davvero facevo su io, e scambiavo le figurine con gli amici (un luccio per un canguro, il ghepardo per la parte sopra del rinoceronte nero), e soprattutto a conoscere parecchi animali, e ad amarli. Okapi, ocelot, gelada, irbis, carpa a specchio, panda rosso, mamba verde, suricati… sì, esistono. Se aveste preso l’album degli animali lo sapreste anche voi.

Arrivarono le medie, e lì fu la volta dei calciatori. Se fino a poco prima avevo solo una vaga idea dell’esistenza del calcio, e di Baresi, Hateley e Wilkins, fu con le medie che diventai ben più cosciente dell’esistenza di qualcosa chiamato scudetto. Anche grazie al fatto che la mia squadra, il Milan, finalmente riuscì a vincerne uno. E così, ecco gli albi Panini! Van Basten, “celo”. Vialli, “celo”. Gullit, “celo”. “Celavevano” tutti, del resto, con tanto di treccine. E anche Maradona, Careca, Brehme, Matthaeus. Sono i vari Rui Barros, Adriano Piraccini, Notaristefano, o lo scudetto del Como, o la mascotte del Pisa su vinile trasparente, o Hugo Maradona dell’Ascoli, i rari.

E ricordo poi anche la disgustosissima serie degli Sgorbions, quei mostriciattoli rivoltanti, ributtanti, rigettanti, vomitosi, brufolosi, catarrosi, smerdolosi, ruttofoni, scoreggiomani, mutilati nelle maniere più incresciose. Tutte quelle cose che fanno ridere un bambinetto scemo. Provate: «Caccole». «Ahahahahahah».
Ecco, furono un grande successo.

E naturalmente la cosa non si è fermata lì, nel corso degli anni ogni cartone animato, serie TV, ridicolo fenomeno di costume produsse una serie di bustine colorate assiepate in scomodi espositori piazzati nei posti più difficili da raggiungere dell’edicola all’angolo.

Fino a quando, e siamo alla fine dei tempi del liceo, la figurina muta. Richard Garfield ha la grande idea: il gioco di carte collezionabili. Così si stabilisce un doppio criterio per il valore di una carta (di per sé risibile): rarità ai fini collezionistici e utilità ai fini del gioco, che produce tesaurizzazione e ulteriore rarità per i collezionisti. Nasce Magic The Gathering, ed è un bestiale successo planetario. Si crea un nuovo standard nei giochi, un nuovo fenomeno di massa. Qualsiasi professore scopre in ritardo un nuovo nemico, ed è quel corposo multiverso di Angeli di Serra, Vampiri di Sengir, Draghi di Shivan, Vassalli di Gea e Geni Mahamoti, e quantaltrocazzo, che si diffonde e si radica sotto i banchi. Il paradiso dei collezionisti. Il paradiso dei giocatori. E io sono entrambe le cose.
Ma tutto passa e passa anche la MagicMania. Arrivano gli emuli di Magic per mocciosi frustrati, e quelli ce li possiamo risparmiare. Sì, direi che ce li possiamo davvero risparmiare.

E arriviamo, partiti da quell’albo del 1979, a ieri sera. Quando in un locale cremonese io e 4 amici ci troviamo a giocare. Non a Magic, è un po’ che non lo si gioca, ma a un grazioso gioco di carte (non collezionabili) chiamato 7Wonders. Non mi dilungherò sul gioco, ma posso dire che l’argomento mi è quantomeno congeniale (vedi #11. Meraviglia.), e i disegni nient’affatto male, sufficientemente evocativi. In breve tempo, e per la fermentazione nella panza degli zuccheri della coca-cola, ci si trova a fantasticare. In primis su una lista di meraviglie tratta dalla letteratura fantasy (Minas Tirith? La Barriera di A game of thrones?), poi su un’ipotetica collezione di figurine di personaggi storici… Così come da giovane mi sono appassionato agli animali anche grazie alle figurine, non potrebbe essere interessante produrre figurine anche su un tema appassionante come la storia dell’uomo? O meglio, gli uomini della storia.
È chiaro che non dovrebbero essere disegnati tipo i vecchi inserti de Il Giornalino, ma devono essere opere di tutt’altro spessore, tipo appunto i disegni delle carte di Magic. E corredati da brevi descrizioni che possano appassionare, far capire quanto cazzo era interessante quel personaggio.

Ed eccoci così, alfine, giunti a quello di cui volevo parlare.
Ipotizzando di fare un album di figurine dei personaggi dell’antichità, chi ci vorreste dentro?
Ne butto giù qualcuna…

Cleopatra. Una bella donna. Cioè, “una bella donna”? Semplicemente? Stiamo parlando di una ragazza molto giovane che ha fatto innamorare gli uomini più importanti di Roma. Cesare. Marco Antonio. Stiamo parlando della giovanissima regina del popolo che già allora vantava tremila anni di storia, al cui cospetto i grandi di Roma dovevano apparire come un macellaio arricchito al cospetto di un Asburgo. E al contempo un personaggio drammatico: risoluta, volitiva, disposta alla guerra civile contro il fratello, disposta ad andare a Roma, ma da regina, non da schiava. Ambiziosa abbastanza da toccare il potere sull’intero Impero, e disperata abbastanza da togliersi la vita. No, non semplicemente “una bella donna”, ma probabilmente una delle persone più affascinanti della storia.

E Sargon di Akkad, il primo imperatore di cui la storia certa ci parla. L’uomo che fonda Akkad, e unisce la Mesopotamia, fino all’Anatolia, fino al Mediterraneo. Millenni di civiltà si rifanno a quest’uomo come prototipo del grande re venuto dal nulla (il padre era giardiniere), e divenuto prima coppiere del re di Kish, poi egli stesso re, unificatore dei sumeri, fondatore di Akkad (da cui la lingua accadica prende il nome) fino a dominare i quattro angoli del mondo. Il re giusto, eppure conquistatore. Simbolo di tutte le doti del buon governo.

Poi metterei una bella coppia, in figurina doppia: Akenathon e Nefertiti. Lui, il faraone eretico, che in opposizione ai troppo potenti sacerdoti di Tebe del culto di Amon istituì una nuova religione, monoteista, sul culto del sole Aton. E costruì una nuova capitale, e un nuovo stile nell’arte, con la rappresentazione realistica, e non più idealizzata e senza difetti, dell’essere umano. Lei, la saggia e bellissima regina, la donna perfetta che nonostante le modifiche intervenute nell’arte amarnita è rappresentata comunque splendida.

E poi la schiera dei “nemici” dell’impero romano, romantici come solo i grandi sconfitti sanno essere. Interessante da questo punto di vista la regina Zenobia, che arrivò a costruire un vasto regno in oriente a partire dalla sua capitale Palmira, e combattè l’Imperatore Aureliano, fino a quando venne sconfitta, catturata mentre cercava col figlio di scappare attraversando l’Eufrate, e portata a Roma come bottino di guerra in catene d’oro. E Boudicca. La rossa figlia del re degli iceni, alla morte di questo essa stessa regina, reagì duramente all’occupazione romana, che trasse i nobili celtici in schiavitù e confiscò i beni, e per risposta (ce lo dice Tacito), venne umiliata, frustata in pubblico, e le sue figlie stuprate. Boudicca divenne così la più feroce e determinata oppositrice ai romani dell’intera Britannia. E organizzò una grande rivolta che arrivò a incendiare e radere al suolo Londinium (Londra). La ritorsione romana non si fece attendere, e Boudicca si avvelenò.

Ah, naturalmente c’è anche il più grande di tutti: Alessandro. Inutile parlare delle sue gesta e della sua vita, sono arcinote anche tra i meno amanti della storia. Ma sarebbe difficile davvero da rendere con un disegno il suo sguardo, buttarci dentro la determinazione di chi è arrivato ai confini del mondo, dalle colline malciucciate della Macedonia fino al tetto del mondo, alle vette dell’Hindukush. Buttarci dentro l’incapacità di fermarsi, le mille Alessandrie. Quella sì che sarebbe una versa sfida, rendere Alessandro un’immagine reale. Troppo scarso quello di Colin Farrel nel film di Oliver Stone.

E poi i grandi rivali, sempre in figurine doppie: Cesare e Pompeo, Scipione e Annibale, Marco Antonio e Ottaviano, e andando più indietro Ramses II e Muwatalli II, con il “grande pareggio” della battaglia di Qadeš, a seguito della quale fu firmato tra egizi e hittiti il più antico trattato di pace di cui ancora possediamo una copia, conservata all’ONU.

E Hammurapi, il re babilonese che ci diede il più antico codice di leggi scritto ancora conservato, e il suo ideale continuatore, Giustiniano, con il Corpus Iuris Civilis. Li metterei anche loro in doppia figurina, così, per vicinanza “tematica”.

Avete altre idee? C’è qualcuno che non può assolutamente mancare? Io ne potrei citare ancora mille, e mille mila. E non farei altro che rendere ancora più stridente il contrasto con un ipotetico album di figurine dei potenti dei nostri giorni. Perché oggi di certo non so chi vorrebbe una figurina di Monti, Holland, Draghi, Tsamaras, o peggio ancora della Merkel. Si riuniscono a gruppi alterni ogni dieci giorni e non risolvono una fava. Nella loro vita non faranno quello che fecero in dieci giorni gli uomini e le donne delle figurine sopra citate. Figuriamoci unire l’Europa. Bah. Il vertice del 28-29. Bah. Baaaaah. Baaahaahahaaaa. Humpf.

Navigazione articolo